lunedì 5 novembre 2012

Favolosa anticipazione: "Forgotten Times"... Cap. I !

I

 

«... Ed è per questo, fratelli, che vi invito alla redenzione. Il male è forte e alberga tra noi. Il maligno ha ormai contaminato la pace, che regnava in questo paese fin dall’alba dei tempi con la sua oscura ombra... continua, imperterrito, a seminare sciagura e ad attirare a sé nuovi adepti. Pochi sono così forti da resistergli...»
Pausò un attimo, per indicare con una mano lo stuolo di cadaveri allineati innanzi all’altare; solo il volto, ingessato dai troppi strati di cerone, poteva essere scorto dal giaciglio ligneo ove riposavano.
«... L’oscura ala della morte ha avvolto i nostri cari concittadini, trasformandoli in schiavi dell’oscura legione... ora, anch’essi sono bestie da soma, agli ordini di coloro che li hanno resi degli spietati demoni assetati di sangue. Questi sono la prole di colui che, nato dall’uomo che per primo vide la luce, fu maledetto da nostro Signore e costretto a vagare fino alla morte su questa terra...
Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo. Ora sii maledetto, lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra”. Disse Caino al Signore: “Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono! Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco su questa terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere”1...”»
Aveva intonato con voce solenne quel passo del testo sacro che teneva aperto tra le instabili mani.
«I suoi figli vivono una non-vita votata all’oscurità... amici, fratelli, ora io vi invito a purificare i vostri cuori affinché in loro dimori la vera fede, sacra arma contro questi morti ancora viventi che, con i poteri conferitogli dal demonio, continuano a mietere vittime. Non cedete alle tenebre...»
Le parole infuocate del capo spirituale scuotevano con forza gli animi delle persone che, assiduamente, si recavano nella casa del Signore per ascoltare i suoi sermoni.
Se solo le parole avessero avuto il potere di difenderli dalle bestie di cui tanto parlava.
Erano mesi, ormai, che la gente viveva nel terrore. Ogni notte, con il favore delle tenebre, misteriose sparizioni colpivano il villaggio: molti venivano dati per dispersi, altri ritrovati cadaveri, pochi giorni dopo, con profondi solchi all’altezza della giugulare, all’apparenza provocati da possenti zanne animali. Nel loro corpo non scorreva più nemmeno una goccia del prezioso fluido vitale.
Le autorità locali avevano archiviato i casi per la loro natura razionalmente inspiegabile, oltre che per paura, preferendo instaurare un coprifuoco per preservare i paesani dagli assalti di quelli che avevano definito, per quanto assurdo, “fiere in libertà”: era impensabile scorgere tigri e leoni lì in Inghilterra, al massimo dei lupi, ma anche quelli erano rari; com’era impensabile un siffatto comportamento da parte di tali animali: la dinamica degli omicidi, il modo a dir poco sadico in cui i corpi erano stati drenati del loro sangue, non era attribuibile a una bestia che sbrana la propria preda per cibarsene, invece, in quei casi, le carni erano praticamente intatte, senza contare gli evidenti ematomi e le profonde ferite sparse su gran parte della superficie del corpo, dovuti, probabilmente, a un vano tentativo di resistenza facilmente placato.
Da una prima ricostruzione delle autorità era risultato che gli “animali” erano saltati addosso ai malcapitati, affondandogli le zanne nel collo per lambirne tutto il sangue.
Non c’era voluto molto perché audaci voci cominciassero ad attribuire una spiegazione sovrannaturale all’accaduto: non poteva essere l’opera di un uomo né, a quel punto, di un animale; inoltre molti, presi dal panico ed evidentemente dalle allucinazioni, affermavano di aver visto camminare i cadaveri di alcuni dei dispersi.
Tutti condividevano la non pronunciata idea che vi fosse lo zampino del Maligno: il loro pacifico paesino era marchiato dal Demonio, che aveva approfittato del periodo di disordine per attirare a sé nuove anime.
I problemi erano cominciati in concomitanza con la conversione: si erano fatti abbindolare dalle belle parole del pastore Gedeon, uomo di fede anglicana oltre che cittadino colto della capitale. All’inizio, non gli era stato difficile convincere una massa di bifolchi, dagli occhi ancora annebbiati dalla magnificenza papale, ma ben presto anch’egli si era conformato al loro stile di vita, perdendo conseguentemente di attendibilità; gli avvenimenti e l’alcool avevano logorato l’efficacia delle sue parole, tanto più che, nel sentire sul collo il respiro del male, cominciassero anche a credere alle voci che additavano Lutero come l’Anticristo: erano confusi e spaesati.
Qualunque cosa per loro sarebbe stata giusta e inconfutabile, purché avesse posto fine a quelle stragi. In ogni caso, il coprifuoco non era bastato a fermare la carneficina: la sete di sangue aveva spinto quelle belve a fare razzia persino in alcune casupole al limite esterno del villaggio, le più vicine al bosco che lo circondava; era proprio da lì che si diceva che provenissero le fiere.
Pochi erano al corrente della verità. E quei pochi non potevano nemmeno vantarne la metà!
Gedeon era uno di questi, ma le sue parole erano spesso prese per deliranti vaticini frutto dei vapori dell’alcool: persino mentre parlava, il suo alito fetido di liquore poteva essere avvertito fin dalle prime file, che perciò erano semivuote.
Era strano notare come, tra quei vecchi dalla pelle rugosa e cadente, con i loro bastoni come unico compagno, vi fosse un giovane uomo. Intorno a lui sembrava essersi concentrato un alone d’oscurità: abiti neri come la pece, occhi d’ebano e lunghi e folti capelli neri legati dietro la nuca, messi poi a risalto da una pelle lattea e labbra tinte di un pallido rosa, curvate in un sorrisetto beffardo. Le parole del pastore lo divertivano.
Deciso a non turbare la falsa quiete che regnava nell’androne, aspettò che gli occhi del celebrante incrociassero i suoi.
Seminascosto dietro lo spartano pulpito, Gedeon divideva lo sguardo tra le Sacre Scritture, su cui le sue mani erano posate, come per proteggersi e scacciare la paura, in mancanza del più gradito, liquoroso antidoto, e il pubblico di fedeli cui si stava rivolgendo. Quando il suo sguardo circospetto, per un attimo, si posò su quello dello strano giovane in prima fila, il tremore delle sue mani aumentò, mentre la sua freddezza scemava in preda a un attacco di panico. Per una breve, infinita frazione di secondo, sulla sua candida cornea era balenato un alone rossastro.
Il pastore cessò di colpo di proferire e lo sgomento s’impossessò del suo volto rubicondo.
Indietreggiò di colpo, col viso improvvisamente scomposto dal labbro inferiore tremante, urtando tutto ciò che vi era sul suo cammino, mentre la Bibbia cadeva per terra con un tonfo sordo, coperto dalle sue farneticazioni.
«No! No! Non è possibile! I figli della notte! I figli della notte! Sono tra noi, ci uccideranno tutti, tutti...»
Piagnucolò le ultime parole tra le risa generali, mentre il suo assistente, un giovane ventiquattrenne dai corti capelli di un caldo castano, gli impediva di accucciarsi sul pavimento. Nonostante gli strenui tentativi del novizio, il religioso continuò a dimenarsi: era così terrorizzato che non gli importava della figuraccia e della contraddizione delle precedenti parole, di cui stava dando esempio davanti ai fedeli che lo osservano attoniti e divertiti; in quel momento gli premeva solo la propria vita e per preservarla avrebbe potuto ricorrere a qualsiasi sotterfugio. Si aggrappò alla mano del giovane sottoposto, strattonandogliela con forza per convincerlo a compiere un passo che, probabilmente, sarebbe stato decisivo.
Invece di farsi commuovere dal gesto disperato dell’uomo, il ragazzo rispose con sdegno agli strattoni, ritirando con forza la mano. Nel frattempo, nello scompiglio generale, il giovane uomo incriminato si alzò e levò il disturbo; il gesto, però, non sfuggì all’occhio vigile del novizio.
Non appena ebbe varcato il portone della chiesa, il giovane, ricoperto da una lunga tunica nera, da cui si potevano scorgere solo i pesanti stivali di cuoio, serrò gli occhi inondati dal sole con una smorfia, riparandoseli con un cappuccio che gli ricoprì il volto per metà.
Era inverno inoltrato, il vento spirava gelido e le nuvole, spesso cariche di pioggia, ingrigivano il già cupo paesaggio; a coronare il tutto vi era una densa nebbia: avrebbe impedito a qualunque comune mortale di muoversi liberamente per quelle sdrucciolevoli strade, ma lui non aveva alcun problema.
Prima di allontanarsi, rivolse un ultimo sguardo al portone della vecchia chiesetta, l’orgoglio del paese, l’ormai non più ridente Southwark: ottima difesa contro i responsabili delle stragi notturne, ma non contro di lui.
Più tardi, con il favore delle tenebre, sarebbe tornato a fare una visita al pastore. Sapeva troppe cose: cose di cui gli umani non dovevano assolutamente essere a conoscenza, troppo grandi, troppo pericolose; per la loro incolumità, era meglio continuassero a bearsi nella loro ignoranza. Gedeon doveva perciò tacere, anche a costo di privarlo per sempre dell’uso della parola. Non amava uccidere gli esseri umani, lui non era come gli altri. Perché era in parte umano.
Avvolto dalla nebbia, il predatore solitario si dileguò, eludendo gli sguardi dei passanti attratti dalla stranezza del suo vestiario, completamente estraneo agli usi del secolo, oltre che dal suo atteggiamento sospetto: era schivo e impenetrabile, preferiva evitare ogni rapporto sociale, a meno che non fosse strettamente necessario per la sua sopravvivenza.
Il suo nome era una leggenda, paura e disprezzo vi erano legati. Si diceva che nessuno fosse mai sopravvissuto dopo averlo incontrato, ma nessuno conosceva il suo volto o lo aveva mai realmente visto, né poteva asserire con certezza che esistesse veramente. Egli era colui che aveva rinnegato l’appartenenza alla stirpe di suo padre, l’ibrido la cui umanità aveva trionfato sulla bestia, sebbene quella denominazione non l’avesse abbandonato; era la vergogna ma, allo stesso tempo, il flagello della sua gente. Non un vampiro, non un umano; non era nessuno e, come tale, viveva nell’ignoto.
1 Genesi 4, 10«14

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